Slow Travel: un’esperienza di viaggio immersiva

Sommario

Ti è mai capitato di tornare a casa dopo un viaggio e, dopo aver attaccato la lavatrice, dato un’occhiata alle mail e fatto una tazza di te, stare lì a pensare “Ho proprio bisogno di un altro viaggio”? Bene, anche a me. Ma penso di aver trovato l’antidoto per questa inspiegabile sensazione, ed è lo Slow Travel, approccio che forse non hai mai preso in considerazione.

Slow Travel: un’esperienza di viaggio immersiva

Si viaggia per un sacco di ragioni differenti ma se posso azzardare credo che il più delle volte lo si faccia per disconnettersi dalla routine delle nostre vite, resettarsi dal folle ingranaggio lavorativo dei nostri tempi e allontanarsi dai doveri domestici e familiari per poi tornare freschi e pronti per riprendere le nostre vite.

Realisticamente parlando mi pare di vedere che questo difficilmente accada, tanto che, anche se torniamo a casa belli pimpanti ed orgogliosi della pausa presa e cerchiamo di trarre giovamento da essa, succede che i benefici che il viaggio sembra averci dato non durino così a lungo. Anzi! Siamo tutt’altro che rilassati e ci troviamo a desiderare o ad organizzare un’altra uscita nel più breve tempo possibile.

Viaggio VS realtà

Questo è un po’ il bug delle nostre vite e se ci confrontiamo con altri scopriamo che a loro succede la stessa cosa. Allora iniziamo a pensare che sia normale. Che abbiamo il “gene di wanderlust”, che siamo viaggiatori veri ed insuperabili, che sarebbe bello avere tutto il tempo possibile per andare in giro per il mondo. E che l’antidoto sia ripartire a loop per sfuggire alla realtà.

Viaggiare è bellissimo per un’innumerevole mole di ragioni, ovviamente. Ma, quando lo si fa, il risultato dovrebbe essere quello di ottenere benessere, arricchimento, conoscenza e profonda soddisfazione. Ma non hai mai pensato che se invece ci sentiamo inquieti e bisognosi di ripartire subito dopo, forse la risposta è da ricercare altrove?

Perché abbiamo necessità di ripartire

Ci sono state un paio di occasioni che mi hanno fatta pensare a lungo su questo fatto, fino a giungere alla conclusione che forse la soluzione non è viaggiare come una trottola ma pensare ad un differente modo di viaggiare.

Ci deve essere una modalità di viaggio che mi permetta di sentirmi bene, arricchita, profondamente soddisfatta e cambiata dopo un viaggio. Quella consapevolezza che mi permetta di rilassarmi sul divano di casa con una tazza di te in mano, e lasciare che la mente si perda nell’esperienza appena fatta.

Riuscire a pensare ai colori, ai sapori, alle persone incontrate alle emozioni provate, è il successo di un viaggio fatto bene. Avere la voglia di prendermi del tempo prima di ripartire per capire cosa sto cercando, cosa voglio esplorare, cosa desidero portarmi a casa la prossima volta è quella consapevolezza che fa dell’uomo un viaggiatore.

Cosa significa viaggiare oggi

Dopo lo stop causato dal Covid viaggiare è diventato un bisogno irrefrenabile. Si parte perché si deve partire non perché si vuole partire. La ricerca si è spostata più su di un piano quantitativo che qualitativo.

Ci si dice che quei milioni di selfie sul cellulare o quella lista di luoghi visitati concitatamente in pochi giorni siano la manna dal cielo e che lavorare viaggiando sia il paradiso. In parte lo è. Ma viaggiare è una cosa, lavorare un’altra, e diventare bulimici di viaggio un’altra ancora.

Come sta evolvendo il mercato turistico

Fosse che lo dico io uno potrebbe avere da ridire molto su questo argomento ma, se leggiamo attentamente le tendenze dettate dal mercato turistico, vediamo che le offerte si stanno trasformando sempre di più giorno dopo giorno.

L’industria turistica ci ha ragionato molto su in questi ultimi anni tanto da creare il nuovo “traino” caratterizzato da un’offerta volta sempre di più a “creare singole esperienze”. Mi sembra molto significativo questo. Perché le esperienze che ci possono cambiare la vita.

La mia esperienza

Uno dei fatti più significativi che ha cambiato la mia visione sul viaggio, è stato proprio provare a fare la travel blogger e passare dai viaggi “per il piacere di farli” ai viaggi per “la necessità di farli”. Ma non nel senso che puoi pensare tu. Ti voglio spiegare.

Il punto di rottura è arrivato quest’estate durante il tour di 2 settimane on the road verso Capo Nord in camper. Un sacco di km, cose da vedere assolutamente, non perdere tempo per non vederle, scattare foto e girare video, mettersi in posa, trovare l’outfit giusto per il web, cercare locali strani per poterli raccontare. Un delirio.

Al nostro ritorno eravamo ancora nel vortice pazzesco che ci ha fatto dire “ripartiamo subito!” E così abbiamo fatto. Ma la lezione che abbiamo imparato ci ha portati ad affrontare il viaggio in maniera differente.

Siamo ripartiti per la Danimarca: 3 settimane, un sacco di km ma stavolta senza la frenesia di vedere tutto, senza la necessità di immortalare tutto. Solo per il gusto di viaggiare. Sai com’è andata? Ci siamo goduti il viaggio.

Siamo tornati a casa felici, pieni di novità e la consapevolezza del percorso fatto. Abbiamo visitato solo una piccola parte della Danimarca ma così a fondo da sentirla scorrere dentro di noi. Questo è viaggiare per me.

Revisione della pianificazione del viaggio

Arrivata alla conclusione che forse nella frenesia di viaggiare mi sarei persa il senso stesso dell’esperienza, ho capito che mesi e mesi di lavoro per pianificare un viaggio per vedere e fare il più possibile era una pazzia.

Alzarsi prestissimo, andare a dormire molto tardi per accumulare tempo, passare la maggior parte del tempo a cercare l’hotel più instagrammabile magari facendo deviazioni pazzesche che non vuol dire viaggiare ma solo vedere un hotel pazzesco, cercare le attrazioni più trendy per un selfie uguale a quelli di milioni di altri oppure quelle meno visitate da trasformare in cult, mangiare a tutte le ore per recensire o provare o fotografare un piatto. Mi rende esausta anche solo leggerla questa cosa qui. Figuriamoci a farla!

Non capire male le mie parole. Anche a noi piace fare tutte queste cose ma non devono essere fonte di stress, insoddisfazione o ansia di rifarlo. Vogliamo farle per il bello di farle, e vogliamo tornare a casa con la sensazione di averle fatte ma non divorate. Vogliamo sentire di aver viaggiato.

Abbiamo scoperto di non essere i soli a pensarla così. Chi vuole viaggiare e conoscere altre culture non resiste in questo circo equestre. A costo di essere meno presenti e meno “attivi” su social, canali vari e ruota mediatica. Il risultato sono stati: viaggi consapevoli, soddisfazione e crescita personale, collaborazioni e produzioni di qualità.

La strategia per viaggiare consapevoli

Grazie allo Slow Travel abbiamo trovato la giusta strategia per re-imparare a prenderci il nostro tempo e re-imparare a viaggiare.

La bulimia di vacanza, viaggio e divertimento a tutti i costi sta iniziando a dare i suoi frutti negativi: vedi overtourism, vedi menefreghismo ambientale, vedi maleducazione, vedi solo diritti del turista e nessun dovere, vedi approccio sbagliato.

A questo proposito ti consiglio di leggere l’articolo I 12 superpoteri del viaggio lento che troverai sul blog, per scoprire nel dettaglio il mio approccio allo Slow Travel.

Perché Slow Travel

Ritornare ad un più sano rapporto con il viaggio imparando a spendere il tempo in modo rilassato ed immersivo può fare molta differenza. Per il mondo e soprattutto per noi stessi.

Cosa assorbiamo dopo un estenuante giro vorticoso? Poco o niente. Abbiamo grattato solo la superficie. Con un viaggio immersivo è possibile trarre il meglio, capire il posto e capire chi ci vive. Non ci sono scorciatoie ma solo metodo.

Slow Travel è qualità non quantità. Vuol dire mettersi in relazione con luoghi e persone, mangiare il cibo tradizionale, supportare l’economia locale. Non travolgerla o stravolgerla.

Inoltre l’impatto che questo approccio genera su di noi è esclusivamente di puro beneficio e di buona gestione del tempo per aprirsi a nuove esperienze.

Origini dello Slow Travel

E’ un’appendice dello Slow Food, il movimento ideato da Carlo Petrini in Piemonte negli anni 80, nato soprattutto per evitare gli sprechi di cibo e mantenere le eccellenze e le tradizioni italiane.

Da esso si sono generate le altre correnti slow tra le quali lo Slow Travel. Il merito di Petrini è il non aver inventato nulla che già non esistesse, ma di esser stato capace di dargli un nome e un’identità. Direi un merito assoluto!

Credo sia normale che, vista l’accelerazione che le nostre vite sono costrette a sopportare, il nostro desiderio di viaggiare vorticosamente sia confuso. Fondamentale è comprenderlo e ridimensionarlo per trovare l’equilibrio.

La mia visione

Chiaramente non ho la presunzione di pensare che i miei suggerimenti siano assoluti perché ogni situazione è diversa ed ognuno valuta secondo i suoi parametri, ma può essere una valida soluzione alla frenesia che ci prende quando torniamo dai viaggi.

Dopo aver pensato a tutto questo, essermi fatta un’idea e avendo provato su di me questo modo di concepire il viaggio, mi sento di consigliarti lo Slow Travel come un sano e consapevole approccio al viaggio e inserirlo nella tua esperienza di viaggio.

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