Sulla montagna cuneese ci sono moltissime borgate e frazioni abbandonate e disabitate, ovviamente non censite o registrate come visitabili in quanto spesso in condizioni di abbandono totale e pericolo. Ma sono ben impresse nella mente di chi ci ha abitato e dei residenti locali, con tutti i ricordi e le emozioni che di esse si portano nella memoria.
Borgo disabitato in Piemonte: Narbona
Proprio a Castelmagno (CN) in Val Grana di cui vi ho già parlato in un precedente articolo, troviamo Narbona.
A pensare a dove è situata ci si chiede come sia stato possibile che qualcuno abbia avuto voglia di vivere lassù: a 1500 metri tra i valloni del monte Tibert, raggiunti solo da due piccoli e inerpicati sentieri impraticabili in inverno, nel silenzio, tra la pietra, in fortissima pendenza e nell’isolamento praticamente totale. Il suo completo abbandono è avvenuto nel 1960, e da quel momento è diventata monumento simbolico delle frazioni abbandonate, dello spopolamento e della cultura montana.
La leggenda
I miti e le leggende sul luogo non mancano. Spiccano le storie che narrano di briganti e disertori che potrebbero averla edificata per sfuggire alle persecuzioni della Chiesa come anche di valligiani in fuga dalla peste. Lasciando volare la fantasia poi si potrebbe immaginare che Narbona sia una specie di frazione eroica che con i suoi abitanti abbia provato a sfidare la montagna e il clima in una sorta di chissà quale coraggiosa missione.
Ma tutto è privo di riscontro reale, e in realtà si può affermare che sia il classico esempio di adattamento sociale e culturale ad una condizione alla quale nel passato spesso l’uomo ha dovuto uniformarsi per poter vivere, mostrando un ingegno e un ardire fuori dal comune.
La storia
L’arroccamento e le condizioni estreme del luogo con la paura delle possibili valanghe, della mancanza della luce e con l’isolamento invernale nella neve, fa sì che piano piano tutti i suoi abitanti l’abbandonino definitivamente. Lasciando lì le tracce e la testimonianza non solo del loro passaggio ma soprattutto della loro esistenza e della loro vita.
Dopo la partenza verso le borgate a valle, molti di loro sono spesso ritornati a Narbona nella bella stagione per controllare le loro case, i loro averi e quasi come per prolungare la vita in un passato impossibile da ricreare. Ma piano piano le tracce dei curiosi e dei vandali, attratti dal poter violare il luogo incustodito e disabitato, hanno fatto il resto e l’abbandono definitivo del luogo si è compiuto.
Il Centro di Cultura
A riportare in vita Narbona ci ha pensato il Centro di Cultura “Detto Dalmastro” di Castelmagno, che nel 2012 ha intrapreso un fantastico progetto che prende il nome di “Una casa per Narbona”. Essenzialmente si tratta della formazione di un gruppo di volontari che ha iniziato a raccogliere le testimonianze di chi aveva vissuto nella borgata, le foto, i cimeli, le fonti storiche presenti e tutto ciò che poteva rispondere alle domande su Narbona che mano a mano venivano alla mente.
Il museo
Con impegno e sforzi anche economici, è stato portato giù dalla frazione quanto più possibile, allo scopo di poter allestire il museo “Casa Narbona” nella frazione Campomolino di Castelmagno.
Il museo è la perfetta ricostruzione di una casa tipica di Narbona. Nei primi del 900 nella borgata vivevano 26 famiglie, 120 tra grandi e piccini che condividevano il loro tempo coltivando dove potevano il terreno e allevando nelle stalle annesse bovini e animali da cortile. La casa era composta proprio da un insieme di cucina abitabile, camera da letto, cantina e stalla annessa.
Gli oggetti presenti nella casa museo sono proprio quelli portati giù dalla borgata e raccontano le storie dei suoi abitanti. A Narbona c’erano anche la scuola e la chiesa. La scuola è stata riprodotta all’interno del museo nella sua interezza.
Il passato che ritorna
Tutto è bello ed estremamente interessante nel museo, così come i pannelli e le fotografie che si possono ammirare e che sono la testimonianza reale delle persone che hanno abitato lì, delle vite estreme che hanno condotto e di una vita sociale che si è adattata nella sua normalità estrema alle condizioni del luogo.
Visi che sorridono, braccia che lavorano, animali che condividono la quotidianità, la freschezza dell’aria, case di montagna arredate, formaggi e generi alimentari, gli stampi per il formaggio Castelmagno, gente allegra, il parroco, i bambini, l’amore, i giochi e i divertimenti. Tutto questo si può vedere nelle foto e nulla lascia trasparire il disagio e l’allerta continua nella quale ci si trovava a quei tempi. La vita di montagna era così e veniva vissuta in tutta la sua naturalezza.
Bellissimi gli abiti d’epoca, straordinari gli attrezzi da lavoro, meravigliosa la cucina con il camino e le pentole appese, incredibile la scuola con i suoi banchi in legno. E altrettanto stupefacente è proprio il luogo che li accoglie: la frazione Campomolino, la quale nonostante sia abitata e sia composta da case ristrutturate, sembra uscire da un racconto occitano di montagna e sembra essere ferma nel tempo proprio come Narbona.
Considerazioni genuine
Posso solo immaginare cosa abbiano avuto nel cuore le ultime persone che hanno dovuto abbandonare quella che per loro era la sicurezza della loro casa e della loro vita. Ma gli spettri dell’isolamento, la pioggia, la neve, le valanghe, tutto sembra spingere a trasferirsi nelle borgate a valle. Le cose che sono rimaste lì forse saranno servite a dare la speranza di un ritorno alla borgata, dove l’amore è sbocciato, dove i bambini hanno giocato e dove i sacrifici di una vita non si son potuti cancellare.
Chi ha vissuto la vita estrema di montagna sa benissimo cosa vuol dire lasciarla controvoglia. A noi non resta che provare a capire e guardare con rispetto quegli uomini e quelle donne che sono la storia e l’emblema delle nostre valli.
Noi abbiamo saputo della sue esistenza durante la nostra escursione nel territorio di Castelmagno e non eravamo attrezzati per l’escursione e quindi abbiamo visitato solo Campomolino e il museo, ma ci siamo ripromessi appena la bella stagione lo permetterà di andare su in borgata per toccare con mano ciò che abbiamo appreso al museo.
Narbona è comunque raggiungibile a piedi con un’escursione di circa 1 ora e mezza; per i dettagli consultare il sito del Percorso ad anello da Campomolino.